Storie di scuola 1: L’Educazione civica (ri)entra nella Scuola italiana. Quanto siamo pronti?

La fine del I quadrimestre e la distribuzione elle schede di valutazione individuale in tutte le scuole, adempimento ormai concluso, ha visto per la prima volta comparire nella valutazione degli alunni e degli studenti la disciplina Educazione civica.  È l’occasione giusta per dare un’occhiata alla situazione attuale dell’insegnamento dell’Educazione civica e alle sue prospettive future a più di un anno dalla proclamazione della legge e alla prima verifica sul campo del suo funzionamento.

Dalle linee guida all’avvio dell’anno

Il Ministero dell’Istruzione, con il DM n. 35 del 22 giugno 2020, in ottemperanza alle disposizioni della Legge n. 92 del 20 agosto 2019 (che prevede l’inserimento del nuovo (?) insegnamento dell’Educazione civica in tutti i curricula delle scuole di ogni ordine e grado), ha adottato le Linee guida per l’insegnamento di educazione civica e integrato il Profilo delle competenze al termine del primo ciclo, previsto dalle Indicazioni Nazionali per il Curricolo e il Profilo educativo, culturale e professionale, previsto dal D. Lgs.vo n. 226/2005.

Le sopra citate Linee guida si inseriscono nel perimetro tracciato dalla sopra citata legge n. 92 che ha introdotto l’insegnamento di educazione civica, e hanno sono state prima predisposte da un Comitato tecnico scientifico appositamente costituito con DM n. 1 del 12 maggio 2020, quindi sottoposte al parere, obbligatorio ma non vincolante, del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione meglio noto come CSPI).

Dal 1settembre 2020 è toccato però alle scuole di ogni ordine e grado prenderne atto e applicarle all’attività di programmazione prima, didattica e di valutazione poi.

In fase di prima attuazione delle Linee Guida (gli anni scolastici 2020/2021, 2021/2022 e 2022/2023), le Istituzioni scolastiche del SNV, compresi i CPIA, infatti, devono…

  • definire il curricolo di educazione civica, avendo come riferimento le Linee guida, indicando i traguardi per lo sviluppo delle competenze, i risultati di apprendimento, gli obiettivi specifici di apprendimento, in coerenza con i documenti programmatici del primo e del secondo ciclo di istruzione;
  • integrare i criteri di valutazione degli apprendimenti con specifici indicatori riconducibili all’insegnamento di educazione civica, in vista delle valutazioni periodiche e finali.

Compiti non facili, soprattutto se si pensa alla tempistica, poco fortunata, e alla situazione contingente (leggesi COVID19), che di fatto hanno creato non pochi problemi in capo in primis ai Dirigenti scolastici, che dell’applicazione della norma e, più in generale, del diritto allo studio, sono i garanti, poi ai Collegi dei Docenti, chiamati a rimettere mano al curricolo in brevissimo tempo e ad adattarlo alla situazione.

Le scuole sono quindi chiamate ad aggiornare i curricoli di Istituto “in direzione della conoscenza e della comprensione delle strutture e dei profili sociali, economici, giuridici, civili e ambientali della società”. Ma, soprattutto, è compito delle stesse utilizzare la normativa specificatamente legata ad alunni, studenti e genitori,  come i singoli regolamenti di istituto, lo Statuto delle studentesse e degli studenti e il Patto educativo di corresponsabilità (quest’ultimo esteso ormai anche a tutti i percorsi di scuola primaria), non come  muro che ostacola o gabbia che costringe e imbriglia, ma in quanto “palestra” per l’esercizio concreto di una cittadinanza realmente attiva, partecipativa e responsabile, “nell’ottica  del rafforzamento continuo della collaborazione con le famiglie”.

La norma sull’Educazione civica, inoltre, è tesa a sottolineare la “trasversalità” del nuovo insegnamento. L’Educazione civica, e questo è un discorso certamente condivisibile da tutti, non può essere considerata una disciplina singola, quanto piuttosto uno strumento di “connessione e di raccordo tra i saperi”, perché “la dimensione valoriale, l’etica della responsabilità e le pratiche di cittadinanza costituiscono l’asse su cui si fonda l’azione di ogni disciplina”.

Il ruolo delle scuole è dunque fra i più ardui: far emergere gli elementi già impliciti nell’epistemologia delle discipline e negli ordinamenti didattici, rendendone esplicita la loro interconnessione, in coerenza con i processi di crescita dei bambini e dei ragazzi dei diversi ordini di scuola.

La previsione, all’interno della normativa, di una quota oraria di almeno 33 ore settimanali, da svolgersi nell’ambito del monte ore annuale previsto dagli ordinamenti, deve intendersi come una mera indicazione, volta a promuovere il massimo raccordo possibile fra le discipline e i relativi contributi di cittadinanza attiva e di formazione sociale di ciascun alunno di cui sono espressione, non la “parcellizzazione” e la cristallizzazione delle conoscenze in materia fra diverse discipline, come purtroppo è accaduto in alcune (si spera poche) scuole..

Dubbi, incertezze e perplessità

In fase di prima attuazione, il MI ha predisposto e strutturato apposite misure di formazione e di accompagnamento, destinate sia ai Dirigenti scolastici che ai docenti; uno specifico piano di formazione, avviato a settembre ed affidato alle Scuole polo per la formazione, come indicato nella nota n. 19479 del 16 luglio 2020. L’attività di formazione, dunque, è partita, nella migliore delle ipotesi, in parallelo con l’avvio dell’anno scolastico, con le ovvie difficoltà di operare una sorta di “rolling review” sul lavoro di ridefinizione del curricolo mentre, nel contempo, questo veniva applicato già sul campo. Né era d’aiuto lo status eccezionale dell’Educazione civica così come proposta dalla legge istitutrice, orientata alla trasversalità, alla multidisciplinarietà e quindi al lavoro di squadra e alla collaborazione fra docenti, argomento piuttosto ostico da sempre se non osteggiato, almeno “calmierato” dal corpo docente.

Il Ministero, inoltre, per rendere il tutto ancora più arduo da digerire, si è riservato il ruolo di “responsabile della valutazione”, anche qui giocando secondo regole ancora non definite. Nelle stesse linee guida, infatti, il MI ha fatto sapere che definirà in seguito (quando ancora non è dato sapersi) tempi, forme e modalità di monitoraggio delle attività svolte dalle scuole. Queste attività di monitoraggio non sono, ovvio, fini a loro stesse, ma immaginate per acquisire evidenze e buone pratiche destinate ad integrare le Linee guida entro l’a.s. 2022/2023, definendo ulteriormente i traguardi per lo sviluppo delle competenze, gli obiettivi di apprendimento e i risultati attesi.

Ma, vista l’esperienza maturata, non sarà facile far accettare questa prospettiva ad un corpo docente che si è dimostrato compatto solo una volta: nel rifiutare il cosiddetto “concorsone” previsto dall’allora Ministro dell’Istruzione Berlinguer (paleolitico, insomma).

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